Luigi Mangia

È il momento del Congresso Nazionale a Napoli. Il presidente dell’ANDOC, Riccardo Losi, mi chiede un intervento su mio Padre. Ne sono felice, anche se non mancano nostalgia (etimologicamente dolore perché Lui non torna, almeno in questa vita) e tristezza.

Incomincio dalla fine o meglio dal Suo ricordo (Mazzini, laico, diceva che non esiste la morte ma soltanto l’oblio).

Mio Padre, assieme a mia Madre, viene ricordato a coloro che gli vollero bene in una messa che viene celebrata in data prossima alla scomparsa di entrambi avvenuta a distanza di molti anni l’una dall’altra, nella prima settimana di giugno.

Ebbene, ogni volta alla messa del ricordo vengono alcuni colleghi; qualcuno è venuto una volta sola, altri molte volte (mio Padre è morto nel 2003). Non è un caso. La grande passione di mio Padre, insieme all’amore coniugale, è stata la Professione. Era nato Dottore Commercialista amando sia la parte privata (il Suo studio, i Suoi clienti, i Suoi collaboratori) sia quella “pubblica” (ordinistica, sindacale, congressuale, convegnistica, giornalistica ecc. ecc.).

Ironico, sempre sicuro di se, generosissimo, esaltò sempre la dignità  del Professionista affrontando la vita con coraggio.

Acuto analista, comprese con anticipo gli sviluppi della Professione che intuiva non limitata al tributario ed alla contabilità. Già negli anni ‘60 (era stato uno dei Fondatori della Professione all’inizio degli anni ’50) vedeva la professione come consulenza aziendale specializzandosi, tra i primi in Italia, in finanza aziendale ed in particolare in finanza agevolata.

Molti clienti dello Studio ancora oggi sono quelli nati, con la Sua consulenza, con il contributo  della Cassa del Mezzogiorno e dell’Isveimer, a perenne smentita di quanti sostengono, oggi con più virulenza di ieri, il totale fallimento dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno.

Etico nei comportamenti e non nelle esternazioni, profondamente umano, mi narrava come nelle Sue prime esperienze di Curatore Fallimentare aveva aiutato moralmente e materialmente falliti caduti in estrema indigenza.

Non fece mai parte di gruppi, consorterie e neppure di partiti; privo anche di appoggi familiari, in una città difficile come Napoli, si fece strada solo con il Suo ingegno, il Suo talento, la Sua talvolta acutissima intelligenza e capacità di previsione. Aveva studiato durante la guerra conseguendo la prima laurea da ufficiale dell’Esercito. Dopo la guerra volle rinfrescare e migliorare la Sua cultura professionale conseguendo una seconda laurea in Economia Marittima.

Giovanissimo, per parafrasare una frase riferita ad Andreotti, si iscrisse al Consiglio dell’Ordine dei Commercialisti di Napoli, di cui divenne prima  Segretario e poi Presidente dopo Vincenzo Cappelli, di cui fu sodale ma anche rivale, mantenendo sempre saldi i rapporti di forte amicizia personale anche dopo furibondi scontri sulle linee di sviluppo della Professione: innovatore mio Padre, conservatore Cappelli.

Lui, grande affabulatore, amava ricordare che un altro collega, suo storico antagonista nelle elezioni ordinistiche e giudice tributario, lo gratificava per le questioni rappresentate da mio Padre di una particolare benevolenza, a significare che la rivalità elettorale non si traduceva in comportamenti emulativi; per questo quel Collega sarà sempre nel mio cuore.

Fu componente e poi Segretario del CNDC e Presidente dell’allora Comitato Interprofessionale Nazionale che aveva sede a Roma in Via Sicilia.

Fu segretario del Comitato per il 50nario della Professione di Dottore Commercialista e da Presidente dell’Ordine di Napoli venne chiamato a coprire il ruolo di Assessore Tecnico alle Aziende Municipalizzate al Comune di Napoli nella Giunta Tagliamonte. Fu tra i Fondatori dell’ANDOC. Morì nel giorno del Suo 84mo compleanno, dopo aver lavorato tutta la giornata, nella sua amata Capri. L’Ordine di Napoli gli intitolò il Salone delle riunioni; gliene sono gratissimo.

Ancora oggi mi sorride un po’ironico un po’ beffardo nel ritratto a matita  che ho sistemato nell’ingresso del nostro ufficio, e non nella mia stanza, proprio per significare che la Sua presenza non  è solo nel mio ricordo: è una presenza  viva e stimolante che orienta, con gli esempi ed i comportamenti che ha espresso, la vita dello Studio.

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